Le letture di Stefano Lanciotti: la formazione di uno scrittore Urban Fantasy

Il Curriculum del lettore di oggi proviene da Stefano Lanciotti. Professione? Scrittore. Chiacchierando con lui ho scoperto che si è esercitato nella scrittura narrativa pubblicando diversi libri che ruotano attorno al Fantasy e al Thriller, mescolandoli fra loro in alcuni casi. Negli ultimi anni poi, si è appassionato all’Urban Fantasy. Un genere narrativo molto specifico e che mi ha ricordato i racconti di Diari Dal Sottosuolo recensiti in questo post. Sono dell’idea che la scrittura sia strettamente connessa alla lettura e Stefano Lanciotti è un bellissimo esempio di equilibrio fra le due cose. Vieni a scoprire il Curriculum Del Lettore di uno scrittore Urban Fantasy?


Curriculum Del Lettore di Stefano Lanciotti

Leggere per scrivere e scrivere per leggere

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I primi libri che ricordo di avere letto sono stati Tutte le Fiabe, grandi volumi, illustrati splendidamente, editi dalla Fabbri.

Essi avevano il grande pregio di non limitarsi alle favole dei Grimm e alla tradizione europea e mi hanno fatto viaggiare in paesi lontani e vivere storie fantastiche, dall’Asia all’Africa, al Sud e Nord America. Una volta letti e riletti questi libri, passai agli eroi di Salgari. Sandokan e il Corsaro Nero, complici anche gli sceneggiati che la Rai trasmise in quegli anni, mi accompagnarono per molto tempo, trasportandomi nelle giungle malesi e nelle isole dei Caraibi. Accanto a essi Dumas, con i suoi Tre Moschettieri, il Barone di Munchausen e Verne con Ventimila leghe sotto i mari.


Verso la fine delle elementari scoprii i Gialli per Ragazzi e, anche lì, fu amore a prima vista. I misteri affrontati dai Tre Investigatori, Nancy Drew, gli Hardy Boys erano spaventosi al punto giusto e, soprattutto, erano risolti da ragazzi poco più grandi di me.

Negli anni successivi scoprii il giallo d’autore, passando da Sherlock Holmes a Nero Wolfe, passando poi per Agatha Christie e Maigret di Simenon.

Ovviamente, come tutti i miei coetanei, leggevo molti fumetti. Avevo cominciato con Il Giornalino, che compravo in parrocchia, per poi scoprire Tex, Blek Macigno, il Piccolo Ranger e molti altri, tra cui anche alcuni Marvel, all’epoca non ancora diffusissimi, come l’Uomo Ragno e i Fantastici Quattro.

Il passaggio tra infanzia e adolescenza fu caratterizzato dalla scoperta della fantascienza.

All’inizio quella ingenua degli anni ’30, ’40 e ’50: in particolare mi appassionai di John W. Campbell e del ciclo di Aarn Munro il gioviano. Durante le medie, e fino all’inizio del liceo, lessi tantissimi libri di fantascienza, amando in particolare Isaac Asimov con i suoi splendidi Racconti e il Ciclo di Fondazione.

Con il passaggio al liceo - in contemporanea alla scoperta della musica Heavy Metal con tutta la sua iconografia - scoprii il genere fantasy e lessi avidamente parecchi romanzi, tra cui Lo Hobbit e la Spada di Shannara, per poi passare all’heroic fantasy di Robert E. Howard di cui ho amato i personaggi di Conan e Solomon Kane. La mia capacità di critica letteraria nel frattempo stava decisamente migliorando, complice la lettura di molti classici della letteratura assegnataci da una lungimirante professoressa di Italiano. Tra i tanti, mi colpì Umberto Eco con il suo Nome della Rosa (e, ancor di più, Il pendolo di Foucault), ma lessi con piacere Wilde, Proust, Mann e molti altri.

Durante il periodo universitario abbandonai il fantasy per dedicarmi all’horror e all’avventura.

L’horror, genere che in precedenza non avevo mai molto apprezzato, lo scoprii e adorai grazie a Stephen King, di cui divorai i primi dieci-dodici romanzi, tra i quali capolavori assoluti come Christine, L’ombra dello Scorpione, Shining e molti altri. Quando mi saturai di leggere quasi esclusivamente King, passai a Wilbur Smith, del quale mi piacquero moltissimo il ciclo del Dio del Fiume e il ciclo dei Courteney.

Nel frattempo mi ero iniziato ad interessare di intelligenza artificiale e di autocoscienza (interesse che mi portò a fare una tesi sperimentale sulle Reti Neurali) e iniziai a leggere testi di Douglas Hofstadter, come Godel, Escher, Bach (l’eterna ghirlanda brillante) e L’io della mente.

L’uscita dall’università e l’ingresso nel mondo del lavoro furono caratterizzati da una progressiva mancanza di interesse per le nuove uscite (unita a un’oggettiva mancanza di tempo) che mi portò a diminuire il numero di libri che leggevo nell’arco di un anno.

Cominciai ad andare in libreria con le idee meno chiare, facendomi ispirare dalle copertine e dai retrocopertina, e a farmi consigliare da amici e colleghi. Fu così che scoprii e apprezzai gli scrittori spagnoli come Zafon e, soprattutto, Perez-Reverte, di cui amai Il Club Dumas e Il maestro di scherma.

La lettura del ciclo di Harry Potter fu dovuta al consiglio di un collega, che mi convinse grazie a molta insistenza e che ancora ringrazio, mentre ricominciai ad apprezzare il fantasy con la lettura dei cicli della Ruota del Tempo e del Trono Spade.

Da quando ho iniziato a scrivere con continuità, e sono ormai più di dieci anni, il mio tempo per la lettura di libri di altri è ancora diminuito, consumato dalla correzione dei miei scritti.

Da qualche tempo ho scoperto gli audiolibri e ho cominciato a sentirmi qualche libro che avevo letto molti anni fa, come il Signore degli Anelli, azzardando l’ascolto in lingua originale. Di tanto in tanto, però, qualcosa mi fulmina e io lo divoro. Succede sempre meno spesso, ma il sempiterno Stephen King c’è riuscito con il meraviglioso 22/1/63.

I tempi più brevi che posso dedicare alla lettura, uniti a una decisa nostalgia per i tempi passati, mi hanno fatto riprendere in mano molti fumetti.

Di quelli della prima metà del ventesimo secolo, come Tarzan o Flash Gordon, apprezzo l’ingenuità e il senso del fantastico, mentre di quelli moderni, come Sin City, il ritmo e la meravigliosa costruzione delle immagini. Mi hanno molto influenzato come autore.