Le letture di Federica Segalini: blogger e copywriter di Nuovi Contesti

Nuovo Curriculum del lettore, nuova ospite e Nuovi contesti in questo mercoledì ricco di libri e titoli e post che raccontano Federica Segalini. L’introduzione sarà brevissima perché il contributo di Federica va letto con calma, per gongolare un po’ sullo stile di scrittura della mia ospite. (Sì, ho scritto gongolare. Quando leggo qualcosa di scritto in modo elegante e chiaro che rispecchia una persona di profonda cultura e notevole sensibilità io faccio così, gongolo). Leggere il Curriculum del lettore di una copywriter è un po’ come ammirare un quadro. Bisogna prendersi tutto il tempo necessario per coglierne ogni dettaglio e uscirne arricchiti di una nuova idea di bellezza.


Curriculum Del Lettore di Federica Segalini

Copywriting e Nuovi Contesti di lettura

#CurriculumDelLettore di Federica Segalini

Sapevo che accettando di scrivere il mio Curriculum del lettore avrei dato delle gatte da pelare a Rita, lei lo aspetta da due giorni e io sto lottando con un post che mi comanda quello che devo scrivere, senza ammettere ma e se.

Spero di aver costruito per voi qualcosa di piacevole e forse, se anche voi amate alcuni tra i libri che ho indicato, potrete gradire uno o più approfondimenti a sorpresa.

Premessa. Poco spazio, tanti desideri

Inizio da un fatto che ha del paradossale, ma è davvero così. Faccio la copywriter e, nonostante questo, metà dei miei libri è ancora racchiusa in scatoloni nel garage a casa dei miei genitori, eredità di un trasloco non del tutto concluso e non più recentissimo.

In più, la mia dolce dimora è ancora priva di una libreria degna di questo nome. Ciò accade perché - momento rivelazione - lo spazio che le dedicherei in salone è in parte occupato da un bellissimo recinto giochi di metri 3 per 3, ad uso del piccolissimo di casa, sistemato proprio vicino al tavolo dove lavoro. E sarà così per un anno circa ancora.

Quindi che faccio? Vivo di ricordi e di desideri, di citazioni a memoria oltre che di nuovi acquisti in pile traballanti, di nostalgia dei miei vecchi amici inscatolati, di voglia di riannusarne la carta polverosa. E in realtà tutto questo desiderare, mentre pregusto e progetto il grande rientro, non mi dispiace affatto.

Infanzia. Pagine favolose

Direttamente dai miei ricordi più belli e ancora a disposizione dei piccoli di famiglia dopo oltre 30 anni, esce la collezione di libri cartonati Disney tra cui spiccano La carica dei 101, sul quale ho fatto i miei primissimi esperimenti di lettura, e Topolino apprendista stregone, collegato - ho scoperto molto più tardi - al film di animazione Fantasia.

Aggiungo al mio bagaglio di letture millemila numeri di Topolino, al top del mio affetto editoriale anche oggi, fonte di conoscenze e di trasposizioni della realtà a cui sarò grata per sempre.

Infine, Pinocchio di Carlo Collodi mi ha affascinato e mi affascinerà per tutta la vita con le sue vicende così metaforiche e davvero poco infantili. Ne possiedo tuttora alcuni esemplari in diverse edizioni. In questo periodo, come Rita sa già - ma ora lo sapete anche voi - ho avviato una mia pratica di avvicinamento ai libri iniziando la lettura da una pagina a caso, per poi tornare da capo ricostruendo.

Credo che non smetterò mai.

Adolescenza. Pochi libri strani

È stato un periodo di pochi libri, per lo più incontrati per caso, o meglio, senza intenzionalità, perché al caso non credo. Di certi libri ho dimenticato del tutto la trama, e ho invece conservato delle sensazioni. Qualcosa di simile mi accade anche ora, con alcuni libri in particolare.

La scintilla si è accesa improvvisamente con una lettura scolastica delle superiori, scelta tra i titoli di un elenco fornito dalla professoressa: Il Conte di Montecristo di Alexandre Dumas. Leggendolo ho avuto la sensazione di un mondo con mille sfaccettature che mi porto dentro da allora, una magia che da quel momento vorrei sempre ritrovare in ogni libro a cui mi avvicino o che - forse, più probabilmente - mi si avvicina.

Un intermezzo di non-lettura è sopraggiunto con Guerra e pace di Lev Tolstoj, opera in quattro volumi trovata nella libreria di casa. Avevo la sensazione di doverlo leggere, forse ne avevo proprio il senso del dovere, ma non ce l'ho fatta. L'ho iniziato però non l'ho mai finito né mai più ripreso in mano, e ancora oggi non so bene perché. Rimane lì, ad aspettarmi.

Proseguo con altre letture di casa. Il sergente nella neve di Mario Rigoni Stern è un racconto molto vivo, concreto e pulito, dove le vicende di guerra nell'inverno russo sono viste con gli occhi del protagonista immerso in un freddo impensabile, culminante in una marcia senza fine, senza tempo. Ne conservo un ricordo accorato e una frase simbolo.

«Sergentmagiù, ghe rivarem a baita?»
Mario Rigoni Stern, Il sergente nella neve

Ne Il deserto dei Tartari di Dino Buzzati l'evento risolutivo è uno solo e qui non lo rivelo, per chi non lo avesse ancora letto. Solo ora capisco che il libro rappresenta anche, per me, il bisogno di un tempo dilatato dove non accade assolutamente nulla, ma non per questo è un tempo privo di senso.

Giovinezza. Borges per tutta la vita e altri percorsi (misti)

C'è un autore che ho incontrato nella fase della mia giovinezza e che è diventato il mio autore per la vita. Di lui ho letto quasi tutto, e oggi comprerei i suoi libri ad occhi chiusi senza sapere nemmeno il titolo. Sarebbe come incontrarlo di persona, ogni volta, e se rinunciassi sarebbe come non salutarlo o non rivolgergli la parola. Sto parlando di Jorge Luis Borges.

Il gancio - apparentemente casuale, anche qui - è stato il racconto "La casa di Asterione", letto su una antologia per le scuole di mia sorella. Dopo la lettura, che mi ha folgorato all'istante per il suo mirabile rovesciamento di prospettiva, ho subito comprato il libro L'Aleph che comprendeva una serie di racconti.

Nel tempo mi sono procurata tanti altri libri e raccolte di Borges, per finire con Atlante, che ricordo portatore di una visione del mondo non geografica ma simbolica, sfaccettata e immaginifica, capace di rimandare ad altro e incontrata in biblioteca, poi mai più trovata e che mi piacerebbe riavvicinare. Sempre se il libro è reale e non è un sogno, come invece piacerebbe tanto a Borges. Potrei scrivere pagine e pagine su di lui: per cui non lo farò, vi lascio solo una citazione che trovo meravigliosa.

Al termine d’un corridoio, un muro imprevisto mi sbarrò il passo, una remota luce cadde su di me. Alzai gli occhi offuscati: in alto, vertiginoso, vidi un cerchio di cielo così azzurro da parermi di porpora.

Jorge Luis Borges, L'immortale, L'Aleph

Vi lascio anche il link a un breve testo che ho scritto su Borges alcuni milioni di anni fa, nella preistoria dei blog e della mia esistenza, quando Facebook non era ancora definitivamente entrato nelle nostre vite e quando nel blog postavo (quasi) ogni cosa.

Prima che si perda nel nulla - o nell'infinito - e prima di ogni ripensamento che me lo faccia cancellare da qui, ecco per voi due righe su Borges.

Ora abbandono un attimo Borges, che in realtà non è mai lontano da me: da quando l'ho incontrato è sempre in ogni cosa che leggo, che scrivo o che osservo. Con il suo sguardo di non vedente, vede molto più lontano di chi gli occhi li ha ben aperti, uno sguardo che a volte intuisco beffardo e divertito dietro la luccicante cortina di parole con cui ci avvolge - quasi un Omero disincantato dei nostri tempi, divenuto simbolo di se stesso.

Proseguo con Italo Calvino, di cui adoro Il barone rampante, l'intera raccolta delle Fiabe italiane e le Lezioni americane. Vi cito qui la fine del Barone, per me una vera dichiarazione d'amore alla scrittura, una scrittura dotata di vita.

Ombrosa non c'è più. Guardando il cielo sgombro, mi domando se davvero è esistita. Quel frastaglio di rami e foglie, biforcazioni, lobi, spiumii, minuto e senza fine, e il cielo solo a sprazzi irregolari e ritagli, forse c'era solo perché ci passasse mio fratello col suo leggero passo di codibugnolo, era un ricamo fatto sul nulla che assomiglia a questo filo d'inchiostro, come l'ho lasciato correre per pagine e pagine, zeppo di cancellature, di rimandi, di sgorbi nervosi, di macchie, di lacune, che a momenti si sgrana in grossi acini chiari, a momenti si infittisce in segni minuscoli come semi puntiformi, ora si ritorce su se stesso, ora si biforca, ora collega grumi di frasi con contorni di foglie o di nuvole, e poi s'intoppa, e poi ripiglia a attorcigliarsi, e corre e corre e si sdipana e avvolge un ultimo grappolo insensato di parole idee sogni ed è finito.
Italo Calvino, Il barone rampante

Non posso certo trascurare Umberto Eco, a partire da Il nome della rosa con il venerabile Jorge e la biblioteca, ricchi di suggestioni borgesiane: come non amarli? Nel periodo universitario ho letto Come scrivere una tesi di laurea e ne ho tratto grandi insegnamenti, anche sul piano personale.

Vorrei completare il quadro con Virginia Woolf, di cui ho amato tantissimo il suo Orlando, prima a teatro, poi nel film e infine nel libro. Ho amato il suo oscillare, così leggero e trasparente, tra maschile e femminile.

In men di tre secondi, l’ebbe battezzata di melone, pigna, ulivo, smeraldo e volpe tra la neve; e non sapeva bene se l’avesse udita, gustata, veduta, o tutte e tre le cose alla volta.
Virginia Woolf, Orlando

Sulle tre splendide versioni che ho conosciuto molti anni fa lascio, sempre in diretta dalla preistoria e per chi vorrà gradire, appunti sparsi su Orlando. Un altro autore di cui vorrei parlare è Bertolt Brecht, di cui mi ha colpito, sempre diversi anni fa, una rappresentazione teatrale tratta da L'anima buona del Sezuan. Anche in questo caso il percorso è stato a ritroso e mi ha portato al libro solo in seguito. Come in Orlando, anche qui c'è una tematica dedicata alla compresenza di maschile e femminile. Non vi racconto la storia, ambientata in Cina, ma vi dico solo che per me l'opera contiene una delle più struggenti rappresentazioni della maternità.

Tutto quanto ho appreso alla mia scuola,
il rigagnolo, fra botte e menzogne, ora
sarà utile a te, figlio mio. Sarò
buona con te e con gli altri una tigre, una belva,
se è necessario. E lo è.
Bertolt Brecht, L’anima buona del Sezuan

Se volete scoprire qualcosa di più su ciò che l'opera mi ha lasciato, vi rimando a questo pensiero sul duplice personaggio Shen Te - Shui Ta.

Anche un altro libro di cui vorrei raccontarvi nasce dalla visione di un film, che crea il desiderio di avvicinarsi alle pagine di carta. Il film - che amo smisuratamente, complice la colonna sonora - è La leggenda del pianista sull'oceano, il libro è Novecento di Alessandro Baricco. Vi lascio un estratto.

Sapeva ascoltare. E sapeva leggere. Non i libri, quelli son buoni tutti, sapeva leggere la gente. I segni che la gente si porta addosso: posti, rumori, odori, la loro terra, la loro storia... Tutta scritta, addosso. Lui leggeva, e con cura infinita, catalogava, sistemava, ordinava... Ogni giorno aggiungeva un piccolo pezzo a quella immensa mappa che stava disegnandosi nella testa, immensa, la mappa del mondo, del mondo intero, da un capo all'altro, città enormi e angoli di bar, lunghi fiumi, pozzanghere, aerei, leoni, una mappa meravigliosa. Ci viaggiava sopra da dio, poi, mentre le dita gli scivolavano sui tasti, accarezzando le curve di un ragtime.
Alessandro Baricco, Novecento

Aggiungete a questo periodo una camionata di cataloghi d'arte e libri di fotografia, e avrete un'idea più completa, o forse più caotica, della mia carriera di lettore.



Maturità. Cose da mamme, e la parte bambina di me

Agli autori già citati nelle fasi precedenti aggiungo le ultime scoperte, che non vanno ad eliminare gli incontri del passato con i libri per la vita. Per inciso amo follemente rileggere i libri già letti, sia a brevi distanze temporali, sia a lungo (e lunghissimo) termine, per vedere se nel frattempo (mi) è accaduto qualcosa. Parto con il breve libro di Erri de Luca In nome della madre, che narra dell'esperienza di maternità di Miriàm/Maria, una maternità concreta, ordinaria e straordinaria allo stesso tempo. Nel risvolto di copertina, fuori e dentro il racconto, si trova una bella osservazione sull'alfabeto ebraico:

In ebraico esistono due emme, una normale che va in qualunque punto della parola e una che va solo in ultima casa. Miriàm ha due emme, una d'esordio e una terminale. Hanno due forme opposte. La emme finale, mem sofit in ebraico, è chiusa da ogni lato. Quella iniziale è gonfia e ha un'apertura verso il basso. È un'emme incinta.
Erri de Luca, In nome della madre

Vi conduco alla parte bambina di me e proseguo con tanti libri per l'infanzia, sia per piccolissimi sia per i più grandicelli, che qui non elenco in dettaglio.

Ho una passione personale per i libri illustrati, soprattutto per quelli che sanno unire la delicatezza e la freschezza delle parole con l'immaginazione creativa delle illustrazioni. Per fare solo un esempio, amo Federico di Leo Lionni, la storia di un topolino poeta che con la sua sensibilità aiuta i compagni a superare l'inverno:

«Federico, perché non lavori?», chiesero.
«Come, non lavoro», rispose Federico un po’ offeso. «Sto raccogliendo i raggi del sole per i gelidi giorni d’inverno».
Leo Lionni, Federico

Anche come omaggio a Rita che mi ospita, vorrei citare Contis dal prât incjántât di Giuliana Pellegrini, una raccolta di racconti per bambini in friulano con testo italiano a fronte se non ricordo male, così mi conferma anche Google visto che ora il libro è ancora nascosto - ahimé - in uno di quei famosi scatoloni.

Si tratta di un regalo che mi ha fatto direttamente l'autrice, una piccola magia della Rete avvenuta intorno al 2007 dopo aver letto questa recensione di Sergio Maistrello.

Amo molto Il mio nome è rosso di Orhan Pamuk per la costruzione del testo, capace di suggerire - trama a parte, che qui non considero - una visione multiforme e molteplice della vita. In ogni capitolo c'è un narratore diverso: a turno, e per più volte nel libro, ognuno dei personaggi della storia narra in prima persona.

L'effetto di coinvolgimento per me è molto particolare e suggestivo, ed è precisamente l'effetto caleidoscopio. Ogni volta la prospettiva cambia e ciò che appare in un modo, dopo una pagina è in un altro totalmente diverso. In alcuni capitoli sono protagonisti personaggi inanimati, tra cui uno centrale nel libro: si tratta proprio del colore rosso del titolo, che appartiene al mondo dei miniaturisti.


Sento che vi domandate: cosa vuol dire essere un colore? Il colore è il tocco dell'occhio, la musica dei sordi, un grido nel buio. Dato che sono decine di migliaia di anni che ascolto, di libro in libro, di oggetto in oggetto, quel che dicono le anime, come il ronzio del vento, lasciatemi dire che il mio tocco somiglia a quello degli angeli. Parte di me richiama i vostri occhi, è la mia parte pesante. L'altra parte vola in aria con i vostri sguardi, è la mia parte leggera. Sono così contento di essere rosso! Mi brucia dentro, sono forte, so di attirare l'attenzione, so anche che non riuscite a resistermi.
Orhan Pamuk, Il mio nome è rosso

Siamo quasi alla fine. Vi accenno ad un libro che considero a cavallo tra l'ambito personale e quello professionale: è il Dizionario analogico della lingua italiana, una vera miniera di spunti in grado di suggerire percorsi mai identici, che mi costruisco volta per volta per un approccio creativo sia alla vita sia al lavoro.

Ed ora - udite udite, tremate tremate - ecco il libro finale, l'ultimo che ho acquistato in ordine di tempo. Ve lo dico? Siccome devo mantenermi giovane, e considerato che non l'ho mai letto, per il mio prossimo futuro ho deciso di ricominciare da Harry Potter. Mi sono procurata il quarto volume della saga, quello centrale, in continuità con le mie buone abitudini anticronologiche: giusto per partire da un punto, rileggere gli altri volumi con una prospettiva diversa, e poi smontare e sondare il testo a mio piacimento. Mi diverto con poco, direte voi. Ebbene sì, mi diverto tantissimo!

Vecchiaia. Beata tra i libri

Per l'epoca in cui finalmente diventerò saggia - ma non lo do per scontato - mi pongo l'obiettivo minimo di ricongiungermi ai libri ancora inscatolati nel garage dei miei, e di offrire loro una degna collocazione. Il mio obiettivo supremo è, invece, che la mia vecchiaia sia traboccante di libri, senza alcun ritegno.